UNA NECROPOLI LONGOBARDA A GIASSICO

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Che Cormons fosse stato un centro longobardo lo aveva scritto Paolo Diacono nella sua Historia Longobardorum quando ci informa  che “Si fortificarono i Longobardi anche nelle vicine rocche di Cormons, Nimis, …”. Di alcune tombe presso Giassico se ne era ipotizzata l’esistenza a seguito del ritrovamento, nel 1882, di tre coltelli (conservati al Museo Civico di Udine) riconducibili all’ambito longobardo venuti alla luce in una cava di ghiaia. Ora a conferma di tale ipotesi Tocs di Cormons, grazie alla segnalazione di una nostra collaboratrice, ha trovato la descrizione, in un diario conservato a Cormons, di quella che a tutti gli effetti sembra essere una necropoli di tipo longobardo con sepolture autoctone, come si può ragionevolmente dedurre dalla tipologia di seppellimento e dai corredi funebri descritti. Purtroppo la descrizione che viene fatta dei ritrovamenti delle tombe lascia poca speranza di ritrovare traccia del sito in quanto tombe, resti e corredo funerario vennero distrutti per ricavare ghiaia da utilizzare nella manutenzione della strada che da Giassico porta a Brazzano. Ma ecco la trascrizione del testo risalente al 22 e 23 settembre del 1915:

22 settembre 1915: “… andiamo su verso Brazzano … Arrivati alla cava di sassi e ghiaia per la manutenzione stradale, ci fermiamo a parlare coi due scavatori. Ci dicono che trovano infinite fosse a circa mezzo metro sotto terra, contenenti ossa umane, coltelli, armi di ferro e di pietra. Questa cosa ci interessa assai. Ci mostrano un punto dove il terreno invece di essere bianco e duro, è scuro e molle. “qui sotto – dicono – c’è una fossa: domani l’apriremo”. “E le ossa trovate le fate portare al cimitero?” “Ah! Mi rispondono, si buttano via insieme alla terra e alla ghiaia che si scarta” – “E pensare – dice Elisa – che tra un secolo e anche meno saremo trattati a questa maniera!”

23 settembre 1915: … mi dirigo verso Brazzano e mi fermo alla cava di ghiaia a chiacchierare con i due cavatori. Riprendo il discorso dell’altro giorno sulle ossa umane e mi fanno vedere i loro scavi. Sono intenti a scoprire una fossa. Assisto alle loro ricerche e dopo una mezz’ora di lavoro vengono fuori le prime ossa: sono omeri, ulne, stinchi, femori, tibie, spezzati dal loro piccone; ossa del carpo della mano, costole. Finalmente vien fuori un massiccio cranio, guastato solo un po’ nel naso e nelle mascelle: la scatola cranica è assolutamente intatta. Un pezzo di mascella porta ancora un dente. Assisterei ancora volentieri alla fine dell’interessante scavo, ma si fa tardi, col permesso degli scavatori faccio un mucchio di quell’ossame e lo porto a casa … L’anno venturo riunirò le ossa rotte, me ne farò dare delle altre e ho la speranza di ricomporre uno scheletro intero.”

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